ARMI TRADIZIONALI
SAKON
Il nunchaku era uno strumento agricolo che serviva per battere i covoni di frumento o i fasci delle piante di riso dopo l’essicazione per separare le cariossidi dal culmo. Questo è uno strumento agricolo diffuso anche nelle altre culture: così come per i falcetti e i bastoni, qualcosa di simile esisteva anche in Italia. In Cina era più frequente quello a tre segmenti, che consentiva anche di legare i fasci.
Il nunchaku era formato da due bastoncini uniti con fili di seta o budello di bufalo e il loro utilizzo consiste nel farli roteare con grande velocità, richiedendo una buona capacità di coordinazione.
SAI
Importati dalla Cina, ma di origine indiana, i sai venivano usati per arare la terra e piantare le sementi nei solchi. Utilizzati come armi risultano efficaci nella difesa da spade e bastoni. In tale contesto venivano impugnati due sai (uno per mano) per intercettare e deviare i fendenti, per poi contrattaccare. Una volta erano armi appuntite e spesso si decideva di usare il sai come arma da lancio ravvicinata, infatti di solito si portava alla cintura un terzo sai. Una variante del sai è il jutte che venne utilizzato dalla polizia giapponese per difesa e bloccaggi, andando ad agire con pressioni su punti sensibili.
TONFA
Il tonfa era un’arma conosciuta nel centro e nel nord della Cina come il “regolo di Jano”. Un Maestro cinese di tonfa affrontò nell’isola di Bokuto il Maestro Matsu Higa armato di bo, arma in cui eccelleva. Il Maestro cinese rimase impressionato dallo stile e dalla bravura di Higa nell’uso del bo (unica arma del Kobudo che si è sviluppata in modo autonomo nell’isola di Okinawa senza subire influenze cinesi), al punto da volergli insegnare l’arte del tonfa, che venne successivamente introdotto nella pratica marziale del Kobudo.
Il tonfa era la manovella che serviva a far girare la macina del grano e poteva essere tolta facilmente dalla macina, così da essere utilizzata come arma. Una salda impugnatura consente di proteggere tutto l’avambraccio e di poter colpire con l’estremità sporgente o con rapido movimento rotatorio. Se ne utilizzavano di solito uno per mano.
Oggi i corpi di polizia di diversi paesi, tra cui Stati Uniti e Canada, hanno in dotazione quest’arma data la sua versatilità, perchè può anche essere utilizzato per effettuare tecniche di bloccaggio.
BO
Fra tutte le armi di Okinawa il bo è l’unica a non aver subito influenze dirette dalla Cina, ma il suo stile si sviluppò in maniera autonoma e divenne talmente efficace da mettere in condizione di affrontare i samurai e i pirati che infestavano i mari circostanti. Per esempio Matsu Higa, esperto nell’Arte del Bo, combattè contro i tagliatori di teste di Formosa e contro i pirati giapponesi provenienti da nord senza mai perdere una battaglia.
L’aspetto inoffensivo del bo tradisce una natura insidiosa, perchè il bo nelle mani di un Maestro diventa un’arma terribile. Si impugna con entrambe le mani per conferirgli più forza e precisione. Il diametro del bo diminuisce dal centro alle estremità e questo comporta un duplice vantaggio: il controllo e la velocità durante la rotazione aumentano, ed inoltre risulta più difficile intrappolarlo con una catena.
KAMA
Il kama era l’unico utensile munito di lama consentito, perchè serviva per mietere il grano. Doveva essere utilizzato per parecchie ore al giorno e quindi era uno strumento leggero, dalla lunga lama curva. Come efficace arma da combattimento subì modifiche e divenne più robusto, in modo da poter resistere ad impatti pesanti, e l’impugnatura venne avvolta con una corda intrecciata per migliorare la presa, come per le spade. Veniva usato singolo o in coppia.
JO
Il jō’ (杖:じょう, jō?) è un bastone in legno, approssimativamente lungo 1.276 m, usato in diverse arti marziali giapponesi, in cui solitamente viene nominato jōjutsu o jōdō.
Il jō staff è più corto del bō e oggi viene ancora usato dalle forze dell’ordine giapponesi. Nell’aikido esiste una serie di tecniche chiamate aiki-jō usate per illustrare ai principianti l’uso dell’arma
KATANA
La katana è la spada lunga giapponese. Anche se molti giapponesi usano questa parola per indicare genericamente una spada, il termine Katana (o più precisamente uchigatana) si riferisce ad una specifica spada a lama curva e a taglio singolo usata dai samurai.
Nonostante permettesse tranquillamente di stoccare, veniva usata principalmente per colpire con dei fendenti, impugnata ad una o due mani. Quest’ultima diventò la maniera più comune, sebbene Musashi Miyamoto, nel Libro dei Cinque Anelli, raccomandasse la tecnica a due spade, che presupponeva l’impugnatura singola. Veniva indossata con la parte concava della lama rivolta verso il basso, in modo da poterla sguainare velocemente con abili movimenti.
L’arma era portata di solito dai membri della classe guerriera insieme al wakizashi, o spada corta. La combinazione delle due spade era chiamate daisho, e rappresentava il potere o classe sociale e l’onore dei samurai, i guerrieri che obbedivano al daimyo (feudatario). Più precisamente la combinazione daisho era costituita fino al XVII secolo da tachi e tanto, e solo in seguito da katana e wakizashi.
WAKIZASHI
La wakizashi era solitamente portata dai samurai insieme alla katana. Quando indossate insieme la coppia di spade era detta daisho, che si può tradurre come “grande e piccola”; dai (“grande”) per la katana e sho (“piccola”) per la wakizashi. Mentre il samurai poteva (a volte) abbandonare la sua katana, per esempio in caso di visite ufficiali, egli non si separava mai dal wakizashi, che veniva chiamato “il guardiano dell’onore”.
La coppia di spade veniva portata dal samurai infilandole nella cintura: la katana al fianco sinistro, ed il wakizashi davanti al ventre (hara) (sede dello spirito dell’uomo per i Giapponesi).
Le tecniche sono simili a quelle della sua controparte più grande ma più limitate, data la ridotta dimensione dell’arma, compensata tuttavia dalla rapidità sorprendente che rende il Wakizashi un’arma temibile per i combattimenti a corta distanza.
NAGINATA
Il naginata è un’arma ad asta giapponese di solito costituita da una lunga lama ricurva ad un solo filo, che si allarga verso l’estremità, montata grazie ad un lungo codolo su un’asta di varia lunghezza, ma in genere più breve di una lancia o yari. Ricorda i “falcioni” del medioevo europeo. Verso l’era Tokugawa, relativamente pacifica, divenne un’arma desueta in battaglia ma continuò ad essere utilizzata per il combattimento individuale e per la difesa degli edifici o delle dimore private. Probabilmente per questo il suo uso si diffuse specialmente tra le donne della classe militare o Buke, vere amministratrici della casa. L’arte marziale (detta Naginata-do o naginatajutsu) che ne trasmette l’uso faceva comunque parte del bagaglio tecnico classico del guerriero. Le tecniche di Naginata richiamano quelle del bastone lungo ma enfatizzano i colpi portati con la lama, a cui si applica il movimento di taglio tirando verso di sé l’arma nel momento in cui la lama impatta sul nemico, allo scopo di provocare profondi ed estesi tagli.
TESSEN
Il Tessen, o tetsu-ten (tetsu vuol dire ferro), è uno dei ventagli da combattimento giapponesi. Lungo tipicamente circa 35 cm, ne esistono di due tipi:
• menhari-gata, di seta o di washi (una carta molto resistente), decorato, a volte anche con lamine di oro o argento, o trattato con petrolio. Ha le stecche fatte o rinforzate con ferro (a volte tutte, in genere 8 o 10, a volte solo quelle esterne);
• tenarashi-gata, oggetti completamente in ferro a forma di ventaglio chiuso. I tenarashi-gata erano i più popolari tra i samurai, i quali li usavano anche contro gli avversari di rango inferiore, perché usare la spada contro questi era considerato disdicevole.
L’arte marziale del tessen è il tessenjutsu.
Perché un ventaglio come arma?
L’etichetta del tempo vietava di portare armi all’interno di abitazioni e castelli, per cui i tessen venivano indossati dai samurai come parte dell’abbigliamento, come era usanza fare con i ventagli normali, che avevano un ruolo nell’etichetta giapponese. Venivano portati sia infilati nell’obi (la cintura) o tenuti in mano e potevano essere utilizzati come difesa improvvisata.
I tessen venivano costruiti principalmente con la forma di altri tre tipi di ventaglio:
• sensu-gata, il ventaglio comune;
• maiohgi-gata, i tradizionali ventagli degli spettacoli giapponesi;
• bessen-gata, i ventagli usati per dirigere le truppe militari in guerra.
YAWARA
Lo yawara-bo è essenzialmente una barra di legno impugnata con la mano e percossa contro le terminazioni nervose della vittima o punti specifici del corpo chiamati “kyusho” (punti vitali) oppure usata per parare o bloccare i colpi avversari. La lunghezza andava dai 15 ai 20 cm e la forma era spesso modellata in modo da migliorare l’impugnatura ed aumentare la presa delle dita. Lo yawara-bo è tipicamente impugnato in ciascuna mano, leggermente sporgente da ciascuna estremità del pugno. Lo yawara-bo era principalmente usato per le “uchi waza” (tecniche di percussione) per enfatizzare l’effetto della mano nuda, con le estremità sporgenti che concentrano la forza di un colpo su un singolo punto per effettuare dolorose pressioni su punti sensibili o tessuti molli, ma era anche molto efficace per le “uke waza” (tecniche di bloccaggio).
YAWARA
Il kusarifundō (鎖分銅?) o manriki gusari (万力鎖?) è un’arma tradizionale giapponese composta da una catena corta appesantita alle estremità da dei corpi contundenti di forma sferica o parallelepipoidale.
Il kusari-fundo sarebbe stato “inventato” da una guardia del Castello di Edo, tale Masaki Toshimitsu, per disarmare, immobilizzare o uccidere gli intrusi nel castello senza spargere sangue, preservando così la sacralità del luogo.
Come per il kusari-gama e il kyoketsu-shoge, gli attacchi usano le punte appesantite in movimento così da avere il massimo momento per l’impatto. Le traiettorie d’impatto includono:
- “Tenchi furi”: colpi dall’alto o dal basso
- “Yoko furi”: colpi in dentro o in fuori orizzontalmente
- “Happo furi”: colpi in dentro o in fuori diagonalmente
- “Naka furi”: colpi dritti davanti